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Invecchiando, il nostro cervello cambia esattamente come succede a tutti gli altri organi del nostro corpo. Questo processo può essere mitigato aiutando il cervello a fare scorte delle cosiddette riserve cognitive. Ciò è possibile perché a qualsiasi età il nostro cervello riesce ad adattarsi ai cambiamenti: quando impariamo o sperimentiamo qualcosa di nuovo, tra le cellule nervose si formano nuove connessioni grazie alle spine dendritiche che creano un contatto (sinapsi) tra due cellule. Si suppone che l’insorgere del morbo di Alzheimer sia correlato al numero di queste strutture cerebrali: rispetto alle persone sane, infatti, quelle affette da Alzheimer presentano meno spine dendritiche e quindi meno connessioni nel cervello, pertanto fanno fatica a ricordare le cose e a immagazzinare nuove informazioni. Il numero di spine dendritiche dipende anche dall’espressione genica e dalla sintesi proteica. Ne è un esempio la neuritina presente nel cervello, che, analogamente alle vitamine che aiutano l’organismo a rimanere in salute, è una delle tante proteine in grado di favorire la formazione delle spine dendritiche. Tuttavia, diversamente da quello che facciamo con le vitamine, non possiamo assumere neuritina tramite l’alimentazione e c’è un solo modo per produrla: imparare cose nuove.
Allacciare contatti: un lavoro duro per il cervello
Circa trent’anni fa un team di ricercatori ha scoperto che le persone con una buona formazione o con un lavoro impegnativo si ammalano meno di Alzheimer rispetto alla media. Oggi, però, sappiamo che oltre alla formazione e alla professione ci sono molti altri modi, meno cerebrali, per accumulare riserve cognitive. Da alcuni studi è emerso che chi, per esempio, nella vita quotidiana entra in contatto con molte persone diverse tra loro correrebbe un rischio minore di sviluppare il morbo di Alzheimer. Allacciare contatti con gli altri, infatti, è impegnativo per il cervello, perché bisogna ricordarsi volti e nomi. Durante le conversazioni, inoltre, si devono porre domande e reagire alle affermazioni della controparte, riconoscere le battute o interpretare il linguaggio del corpo. Anche se non ce ne rendiamo pienamente conto, tutto ciò mette a dura prova il cervello. Inoltre, curare i rapporti con i nostri simili ha un effetto antistress: la vicinanza fisica ed emotiva agli altri fa sì che il corpo rilasci due ormoni, l’ossitocina e la dopamina, che hanno un effetto rilassante.
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